Andarsene da casa
Andarsene da casa, una volta (“ah! i bei tempi andati”) era il naturale concretizzarsi di una fase di maturazione in termini fisici ed economici, un divenire semplice ed ineluttabile come il cadere Ie pere mature dall’albero, mai distanti. Così i figli si affrancavano dai genitori, indebitati si ma gonfi d’orgoglio nell’intraprendere la propria strada alla vita, desiderosi di sperimentare la proprie capacità nell’agone dell’esistenza.
Ora non è più così: ci si ritrae nelle proprie stanzette, accudite da canuti genitori che provvedono, ancora, alle più elementari esigenze della vita del figlio, e da lì, per il tramite di strumenti di comunicazione di massa, ci si connette con un mondo intangibile e cangiante, colorato ed immateriale, distante ma vicinissimo.
Suoni, colori, emozioni, luoghi, persone: tutto in un palmo di mano gestibile ed organizzabile, modernità che si paga con la cecità nel vivere quotidiano nella insensibilità alla realtà emotiva, con la rinuncia alle proprie radici, con il diniego del proprio sangue, calpestando ogni orgoglio e le bandiere che quegli gonfiava.
La figlia Catalogna, sperimentata la propria capacità economica, verificata la saldezza dei propri principi, considerata la consistenza delle proprie residenza, le forze a disposizione, l’età matura all’uopo, nonché le pregresse guerriere vicende del fratello Paesi Baschi, ha dunque chiesto di andarsene da casa.
Vi sono due tipi di separazioni, in questi casi, ovvero quello in cui il genitore continui a ritenere il figlio immaturo all’atto che vuol compiere, ad a volte il genitore ne ha tutte le ragioni, per quanto più si intestardisca nell’esporle più irriti ed irrigidisca una decisione già assunta e quelle in cui serenamente e piacevolmente ci si avvii al riconoscimento della avvenuta recisione del cordone ombelicale.
Talvolta il genitore ha ragione: il figlio è ancora immaturo, ma il genitore consapevole sa che deve lasciare che le cose avvengano. Talaltra il genitore non abdicherà mai il proprio ruolo, dopo anni che gestisce la vita di una creatura che Egli ha generato, e che solo lui sa per certezza quando giungerà alla idonea maturazione. E quindi conflitti, tra una presenza dittatoriale ed una sensibilità ribelle.
Se poi anche la figlia Galizia sta alla porta per vedere come andrà a finire è evidente che Sua Maestà Espana si senta travolta da un turbillon di emozioni contrastanti. Però il buon padre dovrebbe coscienziosamente accompagnare i processi attraverso i quali passano e crescono le responsabilità dei figli. Avrebbe potuto mettere la propria forza a garanzia, e non contro, il proclamato referendum, accogliendo non la sostanza giuridica discendente o meno dallo stesso ma la valenza della volontà popolare liberamente espressa ed ora, con la forza della ragione valutare saggiamente se, trascorsi i secoli, si possa transitare da una monarchia, antistorica e parecchio mal vista, ad una più dinamica e moderna federazione di Stati, liberi e indipendenti, ma appartenenti alla Spagna, tanto quanto i quattro cantoni alla Svizzera.