Galliano Moreale

Saggio: come il denaro non protegga dalla morte

Ho letto con dedicato interesse i due articoli pubblicati da “la Repubblica” nel maggio 2009 relativi alle conferenze tenutesi a Bologna per il ciclo “Regina Pecunia” del Priore di Bose Enzo Bianchi e del professor Guido Rossi.

Vorrei proporre alle Loro attenzioni, delle osservazioni, ma debbo fare una premessa. Nel nostro ambiente, inteso come pianeta, gli organismi esistenti, siano essi piante piuttosto che animali (tra i quali indubbiamente noi umani rientriamo) sono viventi in quanto percorsi da energia.

Acceso/Spento/On/Off. La vita è energia, la morte è assenza di energia, da taluni chiamata anche “anima“.

Gli interventi del Priore Bianchi e del Professor Rossi hanno spesso toccato il tasto del rapporto morte/denaro individuato quest’ultimo come palliativo dell’uomo moderno, esasperato dalla paura di subirla (la morte) e quindi della necessità di averne un scudo (escudo è stata la moneta del Portogallo, oltre che di altri Stati, prima dell’Euro), ma senza fare, a mio parere, una necessaria considerazione.

Tutti noi (quasi tutti) cediamo, lavorando, parte della nostra energia vitale in cambio di denaro (bonifici/assegni/banconote/lingotti non rileva nulla il tipo di moneta), che utilizziamo per barattarlo con l’energia di altri: il barista, il fruttivendolo, il giornalaio, il barbiere, l’addetto al distributore, la commessa, l’usciere, la fioraia, ecc.ecc.

Il Priore Bianchi scrive :” ... il denaro è un mezzo necessario, in se non è ne bene ne male: è uno strumento che esiste dal VI secolo a.C., sotto forma di moneta, che sta nell’ordine delle mediazioni e come tale permette lo scambio (...) è un mezzo che permette di abbattere le frontiere sociali e geografiche. D’altra parte il denaro, proprio per la sua qualità rappresentativa, può essere un fine in sè, un agente di accumulazione delle ricchezze, capace di possedere una grandezza autonoma e una forza seducente.” Ma la forza e la grandezza cui allude il Priore non sono proprietà intrinseche della “moneta” bensì dell’energia che la moneta consente di poter utilizzare.
Con che cosa furono espansi, conquistati ed infine difesi i confini del più grande Impero della storia, l’Impero Romano? Dal “soldo” pagato quindi a “assoldati”, che fossero anche dei barbari, mercenari che scambiavano le propria vita (energia), per la “mercede” il compenso, il denaro, si chiamasse lira o sesterzo.
Ancora il Priore afferma “... Il denaro, infatti chiede fede-fiducia in se e diventa sicurezza, falsa sicurezza contro la morte, saturazione dei bisogni più veri che abitano il cuore dell’uomo, presenza potente che induce a vedere solo lui, il denaro, e a non vedere gli altri, ad agire senza gli altri e, se necessario, anche contro gli altri. (...) “
Il denaro non chiede fede/fiducia. Le istituzioni che l’hanno coniato, governano (cioè pagano) amministrazioni, istituzioni, polizia ed esercito. La presunzione o la certezza di poter disporre di sufficente energia (altrui), anche in età avanzata, è certificata dall’assegno pensionistico nel nostro mondo “avanzato”. Per agire contro altri insegna sempre il motto che chi meglio paga meglio viene servito. Il concetto non muta: scambio soldi/energia (per pudore è meglio non proseguire negli esempi...).
Poi il Priore Bianchi cede, in una supplica finale: “... l’unico nemico capace di duellare contro la morte, l’unico capace di vincerla non è il denaro ma l’amore ...”.
Non è così: l’unica nemica della morte è l’energia, come sappiamo, non l’amore.
Amare è fornire energia senza pagamento, senza dazione di denari. Ma questa è altra questione

Il professor Rossi cita, tra tanti pensatori e filosofi, Carl Marx il quale, improvvidamente, scrisse “...ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso (...) ciò che io sono e posso non è quindi affatto determinato dalla mia individualità (...). Io sono brutto ma posso comprarmi la più bella tra le donne. Quindi io non sono brutto...”.
Non sono d’accordo.
Tu sei brutto e resti tale anche se una donna, la più bella (?) si è venduta alle tue voglie. La tua energia estetica (sensuale?) non era sufficiente e l’hai compensata con l’energia convenzionale del denaro. Esci da quel letto così com’eri. Soddisfatto forse, di certo non più bello, e senza meno più spoglio di energie, in ogni senso intese, tanto fisiche quanto convenzionali (tariffa della prestazione).
Ma di seguito il professor Rossi dice anche “...L’interesse composto che ci assicura contro il futuro e ci spinge verso il desiderio morboso della liquidità, garanzia di ricchezza contro la morte, ha il suo ultimo capolavoro nella ricchezza non più creata dal denaro posseduto, che si riproduce nell’interesse ...”
Professor Rossi, certamente i suoi studenti lo sapranno, però dovremmo spiegare al vulgo l’interesse composto e cosa lo distingue dall’interesse semplice o, più facilmente, come entrambi siano delle convenzioni che val la pena di smascherare e/o considerare appunto tali. Convenzioni non verità rivelate.
Uno dei pochi ricordi certi, della fisica scolastica, è quello relativo al moto perpetuo. Che non esiste, in quanto applicando una energia pari 1 non otterremo mai di ritorno una energia superiore o uguale a 1. Ciò significa che il capitale, ovvero cumuli di denari, cioè montagne di energia convenzionale, di per se non producono un bel nulla d’interesse, ne semplice ne composto. Fortuna che Lei, professore, poco oltre si corregge e ricordano Tomaso d’Aquino opportunamente ripete “Nummus non parit nummos” (“il denaro non produce denaro”) ed afferma che da qui si dovrebbe ripartire, ribaltare il concetto, riconsiderare che è il lavoro (l’energia umana applicata) che aumenta il valore di un bene, non è il capitale che autonomamente cresce. Lo riconosce anche il Priore Bianchi, nella sua lezione, dove afferma, citando l’autore della Lettera di Giacomo: “... Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre messi...“.
Fate una prova empirica, come suggeriva Galileo Galilei: mettete una moneta da 1 euro in un cassetto. Riapritelo un anno dopo. Se sarete fortunati avrete ancora 1 euro. Non di più. Fate una prova più impegnativa. Mettete nel casetto di prima sei uova fresche, 100 grammi di farina, lievito q.b. e 50 grammi di zucchero. Riapritelo dopo sei mesi... Se invece aveste impastato gli elementi, cioè vi aveste aggiunto la vostra energia vitale. ed aveste opportunamente cotto il composto (aggiungendo calore cioè altra energia) avreste ottenuto una torta, cioè un incremento di valore rispetto ai singoli elementi.
Riflettete, siate voi Priori, Professori o Lettori.