Galliano Moreale

Scotch

Scotch: nome commerciale del nastro adesivo
Scocciare: dare fastidio, importunare; fissare, attaccare con lo scotch

Ieri pomeriggio mi trovavo casualmente nel locale ove un candidato alle prossime elezioni amministrative avrebbe incontrato gli elettori per esporre il suo programma, confidando con ciò di conquistarne le simpatie.
I suoi assistenti si davano un gran d’affare per predisporre una degna scenografia: impianto voci (“prova, unoduetre, prova”) volantini, manifesti col faccione incravattato, sorridente e bonario, rassicurante, del candidato, bandiere e bandierine, “santini” eccetera. C’era anche un noto politico del paese, in lista col candidato, intento a dimostrare delle insospettate e insospettabili abilità manuali: preso un piccolo drappo, sul quale campeggiava una scritta banale che poteva essere adatta a qualsiasi partito (“per un Friuli, grande, vivo, forte”, e già chi lo prometterebbe, ai friulani, piccolo, debole e moribondo?) si dimostrò deciso a fissarlo tra il tavolo dei relatori e un vicino stendardo. Per compiere l’opera decise di adoperare del nastro adesivo trasparente, fornitogli da una volonterosa assistente, ma per quanto s’ingegnasse la consistenza dello scotch ed il materiale sintetico di cui era fatto il drappo rendevano vani i suoi sforzi. Ma egli non si arrese nella sua impresa, anche perché si trovava osservato da non pochi perplessi pensionati/elettori presenti. Visti frustrati gli sforzi precedenti decise finalmente di cambiare strategia e di non fissare più il drappo nel vuoto, tra lo stendardo ed il tavolo dei relatori, bensì di utilizzare l’appoggio di tavolino. Ma il drappo non voleva saperne e la sua superficie sinteticamente scivolosa resisteva pervicacemente ai tentativi di fissaggio. Poi alla fine, a forza di nastrate di scotch, a due mani, sembrò che la resistenza del vessillo fosse stata vinta. Sembrò. La scritta cominciò prima ad inclinarsi per adagiarsi poi a terra unitamente a tutto lo striscione. Dal gruppo degli anziani arrivavano suggerimenti (“usa le puntine”) offerte (“vuoi una graffettatrice?”) incoraggiamenti (“rinuncia”). Me ne andai dopo un quarto d’ora mentre il politico era ancora alla presa colla sua tenzone.
Ebbene la vicenda mi pare emblematica di un certo modo di “fare” politica: s’inizia una opera, spesso senza una reale valutazione costi/benefici, senza avere contezza delle capacità richieste ed adeguati mezzi ma soprattutto, una volta constatato che l’opera è irrealizzabile, o inutile o superflua, il politico non ha la capacità di ammettere il proprio errore. Così continua a scocciare.