Galliano Moreale

Michel Platini e il contratto di lavoro dei calciatori

Al Presidente dell’UEFA Mr. Michel Platini
Sua Sede

Egregio Sig. Presidente,
Le indirizzo la presente nota anche a seguito dei Suoi recenti commenti, apparsi sui quotidiani italiani, ed inerenti la situazione economico/patrimoniale dei Clubs di Calcio.
Mi scuso innanzitutto se Le scrivo in italiano ma ritengo che la Sua comprensione della mia lingua sia maggiore della mia capacità di esprimermi nella Sua.

Stato di fatto

Faccio una doverosa premessa a quanto di seguito. Per motivi misteriosi la gestione dell’attività sportiva connessa al giuoco del calcio (e gli altri sports “minori” hanno seguito) ha pensato di potersi dotare di regole proprie, che esulassero da quelle della collettività, del mondo. Postulato errato.

Definizioni:

Accordo Collettivo (AC) dei Calciatori Professionisti Italiani.
E’ il contratto che hanno sottoscritto i lavoratori del calcio, dipendenti di società affiliate alla Lega Nazionale Professionisti (LNP) per il tramite dell’unica sigla sindacale attualmente esistente, l’Associazione Italiana Calciatori (AIC) e la Lega, in rappresentanza della parte datoriale. La Federazione Italiana Giuoco Calcio è parte non coinvolta nella stipula non essendo parte negoziale ma semplice terzo interessato alla positiva conclusione degli accordi al fine del miglior svolgimento delle manifestazioni sportive. Il precedente AC, quello scaduto, venne stipulato in data 4 Ottobre 2005, con effetto retroattivo al 1° Luglio 2005 e riguardava le squadre affiliate partecipanti ai campionati di serie A e B, con esclusione quindi di quelle di serie C.

Calciatore Professionista (dipendente);
Calciatore Semi-professionista (dipendente);
Calciatore Dilettante (indipendente).
Al fine di sgombrare il campo da equivoci è necessario ridisegnare gli ambiti nei quali si opera, per poter stabilire la corretta definizione dei vari negozi giuridici e rapporti sottostanti, iniziando dal rinominare quello che comunemente, ma erroneamente, viene chiamato “calciatore professionista” per distinguerlo da quello che è un “calciatore semi professionista” o dal “calciatore dilettante”.
E’ “calciatore dipendente” la persona assunta per il giuoco del calcio da società partecipanti al campionato di serie A (società aderenti alla Lega Nazionale Professionisti);
è altresì “calciatore dipendente”, la perdona assunta al medesimo scopo, da società partecipanti ai campionati di serie B, C1 e C2 (società aderenti alla Lega Nazionale Professionisti di serie B, C1 e C2).
Sostanziale ed evidente differenza c’è con l’atleta che si cimenta nelle serie minori, inferiori alla C2, persona che non opera in regime di lavoro dipendente, il quale può senza dubbio mantenere l’inequivoca definizione di “calciatore dilettante”.

Proposta di modifica e revisione.

La summenzionate definizioni richiedono tuttavia, per una corretta, connessione e coordinamento, in parallelo con tutte le altre dinamiche del lavoro dipendente, che vi sia quale corollario imprescindibile che tutte le squadre di calciatori dilettanti, di qualsiasi serie esse siano, dalla terza categoria in su sino alla C2 esclusa, utilizzino solamente giocatori nati, residenti o che lavorino nella Regione, Provincia, città, contea, quartiere, rione o parrocchia della squadra nella quale militano, a seconda dell‘importanza della manifestazione sportiva cui la squadra prende parte. Lo svincolo dalla lista di appartenenza, anche a campionato in corso, è automatica se a seguito del trasferimento della residenza o dalla sede di lavoro. Il famoso “cartellino” avrà unicamente la funzione di documentare l’identità del partecipante alla manifestazione.

Il premio di preparazione, una invenzione “farisea” verrà di conseguenza annullato. Poiché la preparazione, l’apprendimento dell’arte calcistica è prodomica all’inserimento sul mercato del lavoro, essendo appunto il giocatore di calcio un lavoratore dipendente, tale momento di apprendimento è quello dell’apprendistato di un qualunque mestiere, ove chi ha “formato” il garzone non può certamente vantare un compenso di preparazione da chi l’assume poi come commesso.
Sino all’età di anni diciotto la partecipazione all’attività sportiva è consentita solamente nelle squadre della città (Regione, Provincia, ecc) di nascita o di residenza, un po‘ come l’andare a scuola. Poi l’aspirante calciatore dipendente, così come l’aspirante commesso, potrà partecipare ai provini organizzati dalle società che gestiscono squadre partecipanti ai campionati di serie “A” e, a seguito della recente divisione all’interno della Lega Nazionale Professionisti, serie “B, C1 e C2”, che intendono assumere del personale, a tempo pieno o a tempo parziale, da utilizzare per realizzare lo spettacolo sportivo, sui campi da giuoco. Qualora l’aspirante calciatore dipendente non venga assunto potrà continuare liberamente la propria attività puramente “sportiva” solamente in squadre appartenenti alla Regione o Provincia, città ecc nella quale è nato, o nella quale risiede o nella quale lavora, senza diritto ad alcun tipo di retribuzione.
I “rimborsi spese” non avranno più ragione di esistere, almeno negli importi attuali, vista la “vicinanza”, e dovranno comunque essere espressamente autorizzati dalla FIGC che ne risponderà eventualmente in sede civile e penale.

Conseguenza evidente della definizione dei calciatori quali lavoratori dipendenti è quella che il nuovo accordo debba assuma anche la valenza di essere un accordo “ECONOMICO”.

Inoltre: vengono rese nulle ed inefficaci tutte le norme che riguardano il trasferimento “coatto” di dipendenti, tutte le norme relative ai “prestiti” di dipendenti, essendo l’intermediazione di manodopera attività riservata dalla legge esclusivamente alle Agenzie di lavoro interinale, nonchè tutte le clausole rescissorie e le pattuizioni relative ai trasferimenti, non essendo il rapporto di lavoro dipendente atto ad essere mercificato al di fuori delle pattuizioni economiche previste dall’AEC. La conseguenza di questa chiarificazione dei rapporti intercorrenti tra il datore di lavoro e il calciatore dipendente sarà la eliminazione delle “plusvalenze” e “minusvalenze” che tanti danni negli ultimi anni hanno fatto ai bilanci societari delle Spa che operano nel settore dello spettacolo/calcio ed alla fiscalità degli Stati.

Come tutti gli accordi o contratti di lavoro, all’Accordo Collettivo è (attualmente) allegato un contratto di lavoro-tipo, da utilizzare obbligatoriamente. In esso si prevedono i vari livelli di inquadramento dei calciatori dipendenti che saranno essenzialmente strutturati su più livelli. Il livello più basso sarà quello del calciatore diciottenne, assunto da una società che partecipa ai campionati di serie C2, il quale prevederà la corresponsione di uno stipendio base di euro “x” con avanzamenti di livello in base alla partecipazione ad almeno “tot” gare (partecipazione significa disputare almeno 30” minuti di partita) per “tot” campionati, con possibilità di accedere a livelli superiori a seguito di promozioni di categoria, ma non di retrocedere a livelli inferiori a quelli acquisiti, contemplando anche scatti di anzianità, liquidazione di fine rapporto, ecc.

I lavoratori assunti da società che disputano i campionati di serie “A” avranno inoltre la possibilità, qualora vincitori di manifestazioni di carattere nazionale o internazionale, a condizione che abbiano fatto parte della lista gara per ad almeno un terzo delle partite, o che abbiano partecipato a manifestazioni europee o mondiali con la maglia della rispettiva nazionale, ed a partire dall’età anagrafica di anni “tot”, di chiedere l’iscrizione all’Albo dei “Calciatori libero professionisti“.

Quest’ultima figura si differenzia da quella del calciatore dipendente.
Il calciatore “libero professionista” è titolare di partita Iva ed è un prestatore d’opera. Allo stesso non si rendono applicabili le norme dell’Accordo (Economico) Collettivo. Questo professionista del calcio è libero di accordarsi per fornire la propria opera alla società che ne abbia necessità anche solo per una singola manifestazione, per un singolo evento, anche in sostituzione di un calciatore dipendente dimessosi o licenziatosi o in infortunio oppure per un numero limitato e predeterminato di eventi. A tutti gli effetti un “professionista” tenuto al rispetto di un preciso e severo codice deontologico che verrà stillato dai soggetti che daranno vita all’Albo stesso e che saranno tenuti a disciplinare i rapporti economici, il trattamento fiscale dei compensi, quello previdenziale nonché quello disciplinare, non essendo astrattamente automaticamente riconducibili alla società atteggiamenti scorretti di un lavoratore autonomo della cui opera la società stessa si avvalga, fatto salvo il diritto di rivalsa del danno patito in sede di giustizia civile e sportiva. Il calciatore libero professionista avrà impregiudicata facoltà di utilizzare le strutture della società con la quale ha stipulato il contratto d’opera ma non sarà soggetto ad alcun tipo di controllo gerarchico da parte di alcun organo dirigenziale, il quale potrà solamente limitarsi a impartire disposizione di carattere generico, che sarà diligenza del professionista osservare con il necessario scrupolo e attenzione. Il calciatore libero professionista potrà nominare uno o più procuratori per la stipula dei contratti d’opera, sarà tenuto a dotarsi di apposita polizza assicurativa per i danni causati da una interruzione involontaria del rapporto e dovrà inoltre provvedere a proprie spese alle visite mediche periodiche e alle cure richieste per mantenere un ottimale stato di salute e di piena efficienza fisica. Il calciatore libero professionista non potrà assumere incarichi che confliggano con le esigenze delle società, e neppure per prestazioni che, compatibilmente con le proprie capacità, ritiene di non poter fornire assicurando, coscientemente, il migliore dei risultati.

In attesa di una Sua gradita in merito