LA SALVEZZA DEL CAPITALISMO NELLA SUA FASE AVANZATA SARA’ IL COMUNISMO?
La crisi profonda del sistema capitalistico nella sua fase più avanzata, quella che stiamo drammaticamente vivendo, è sotto gli occhi di ognuno di noi.
I tentativi, vani, di rianimare il corpo economico attraverso non appropriati, seppur da tempo utilizzati e tollerati, sistemi di elettroshock, dagli incentivi al consumo a pioggia al terrorismo e guerriglie, lasciano abbondantemente ed inequivocabilmente intendere che i padroni del vapore non hanno nessuna certezza sulle possibilità di riuscita dei loro interventi, recitano a braccio: ”Così fece mio padre per fronteggiare una data situazione di difficoltà e così faccio anch’io” (Bush?). Questo modo di ragionare appartenne ai nostri nonni che vissero le stagioni, per lungo tempo immote, seppur cangevoli, dell’era contadina pre e post industriale. Allora la risposta alle difficoltà presentava soddisfacenti possibilità di riuscita contro stagioni di siccità, invasioni di cavallette, scarsa produzione di foraggi, ecc. E’ indubbio che un tale modo di procedere non sia più praticabile ora che solchi tecnologici e non solo, segnano distanze abissali tra le esperienze di una generazione e quella che la precede, senza che la prima possa attingere alle profonde e sofferte fonti di esperienze degli avi, per consolidare le capacità di affrontare le avversità a venire.
A fronte della proposta avanzata in seno alla FED del “dollaro che si svaluta” per incentivare i consumi (più la cartamoneta rimane nel portafoglio più un microchip ne diminuisce via via il potere d’acquisto), proposta e non boutade, presa anche abbastanza seriamente, stante i commenti letti sulla stampa, a fronte della sollecitazione quotidiana da spot dedicati al signore che fa una banale spesa per l’anziana madre (che ci avrà messo in quella esigua sporta da supermercato? Latte, pane, verdure, detersivi) ma che tutti i passanti ringraziano come il salvatore della Patria (del Sistema, del Capitalismo), è inevitabile porsi delle domande. Porsi almeno una domanda. La domanda.
Non c’è altra via d’uscita ormai, per restare a galla, che incrementare i consumi. Ma è possibile che un lavoratore dipendente, un pensionato, un co.co.co, un lavoratore autonomo, possa spendere oltre quello che attualmente spende, cioè tutte le proprie disponibilità? Chi è che accumula ingenti ricchezze, che specula, abbastanza agevolmente, sull’andamento dei mercati finanziari? Impiegati, operai, schiere di pensionati, insegnanti, precari? Costoro vengono già ulteriormente spremuti dalla tentazione di affrancarsi dalla propria misera condizione sottostando alle subdole sirene del lotto superenalotto schedina totogol Lotteria Italia e grattini vari.
L’unica soluzione possibile, la luce che brilla nel fondo del tunnel della storia economica recente, non sono le bombe da duecento miliardi di dollari grazie alle quali troverà sostentamento l’industria bellica americana e l’indotto (briciole anche per gli alleati, of course), ma la ridistribuzione delle risorse, l’aumento delle retribuzioni minime che, ne siano ben certi i manipolatori delle leve, sono denari che verranno prontamente spesi per elevate il tono di vita da livelli di miseria a quelli di dignità. Il sistema riprenderà a girare. Il gigante ormai in fin di vita troverà nuova linfa dall’incontro con la propria antitesi. Forse allora, affrancati dalla miseria universale che ci prospetta il fallimento del Capitalismo o l’avvento del Marxismo, potremo proporci obbiettivi più alati come complesso umano, dalla salvaguardia delle risorse del pianeta, attraverso un più equo e meno brutale sfruttamento al rispetto della nostra integrità fisica, al possesso del concetto di pace come componente del nostro DNA, affinché si possa avverare nella nostra coscienza individuale e collettiva quel vecchio detto indiano:
“la Terra non è una eredità dei nostri genitori ma un prestito dei nostri figli”.
Folgorante, come al solito, Ellekappa:”Non potremmo vivere in pace?” - “Non capisci nulla di economia” (cito a memoria, ma il senso era quello).
Ci pensi chi ne ha la responsabilità politica. Finiamola con il governare emergenze. Progettiamo una prospettiva non solo economica, per l’Italia, l’Europa, il mondo, che non si limiti alle prossime settimane, ma che abbracci i prossimi dieci anni, quindici anni, che tracci delle linee degli indirizzi.