Lotta contro il “femminicidio”: il perché del no.
Di fronte alla ovvietà della legittimità di questa “lotta” provo a spiegare il perché ne sia contrario.
E’ “femminicidio” il termine che mi trova in disaccordo, non l’atto violento che questa iniziativa vorrebbe sradicare dalle nostre vicende domestiche e quotidiane.
L’idea, errata secondo il mio pensiero, è quella che le vittime siano persone di sesso femminile. Di un sesso, di una parte, tipo, colore, marca o marchio, provenienza.
La prevaricazione che l’atto violento finale consuma nella sottomissione della vittima non è tuttavia estraneo alla natura umana, seppur declinata nei suoi aspetti più istintivi, e s’indirizza semplicemente verso il soggetto più facilmente aggredibile.
Tuttavia non possiamo chiudere gli occhi di fronte la realtà.
Ogni nostra azione quotidiana è indirizzata unicamente a preservare, o accrescere, il forziere di energia disponibile. Dall’atto della genesi, alla nascita, al prosieguo della crescita, adolescenza maturità e vecchiaia l’essere umano esercita tutto un susseguirsi di azioni coordinate al fine di sottrarre ad altri energia per accrescere la propria e poterne fare uso esclusivo.
Avviene ancora oggi quello che secoli or sono andava sotto il nome di schiavitù, seppur mutati i metodi di costrizione: non più pesanti e stridenti catene ma mutui e contratti, ora si utilizza il denaro, in tutte le sue furfantescamente astute declinazioni, in luogo di tristi mezzi di costrizione.
Mi sembra di tutta evidenza che se la nostra collettiva presa di coscienza abbracciasse, non già il limitato universo della violenza alle donne, bensì tutto il sistematico insieme delle violenze, che non sono altro che l’appropriarsi di energia vitale altrui, atto chiamato anche sfruttamento, laddove poi non sfoci in epiloghi tragici, la ribellione interiore non avrebbe come obiettivo l’eliminare il genere “femminicidio” ma dovrebbe bensì porsi l’assai più arduo scopo di scompigliare completamente il Sistema, il quale poi sarebbe costretto a ricomporre il puzzle della pacifica esistenza dell’umanità sul pianeta ripensando attraverso una profondamente filosofica riconsiderazione il vero scopo del senso della vita umana sulla Terra.
Il Sistema non cederebbe così facilmente né gli oppositori appaiono sufficientemente agguerriti e congrui in numero e seppur accadesse sarebbero anni di guerre sanguinose cui solo le crisi finanziarie sanno sprofondarci, giammai quelle delle coscienze, almeno finché ve ne saranno di acquistabili a pochi denari, sarebbe come pensare di eliminare la prostituzione. Non basta farla sparire dalle strade o dalle case chiuse, dovrebbe divenire un atto moralmente ripugnante per chiunque.
Collettivamente può essere quindi solamente la morale, l’etica, che nutre di cultura e sana ambizione l’aspirazione individuale, la strada che può portare a raggiungere risultati preclusi a forze armate o di polizia.
Ma temo che sia più facile appagare il nostro modesto appetito di giustizia sociale liberando, tra applausi convinti o di rito, qualche palloncino rosso in piazze dedicate all’evento.