Galliano Moreale

Partiti

Partito: participio passato del verbo “partire”.

Buon Partito: Individuo non sposato con buona posizione economica o finanziaria.

Mal Partito: situazione di difficoltà fisica, sociale, lavorativa.

Partito Armato: di coloro che utilizzano le armi al fine del raggiungimento di un risultato politico.

Partito di Massa: con ampio consenso;

Partito Unico: con ampio consenso, spesso forzato, nei confronti di un solo individuo o gruppo assai ristretto di individui.

Partito preso: in modo preconcetto.

Mettere la (propria) testa a Partito: abbandonare le stupidaggini e organizzare al meglio l’esistenza.

Partito: sinonimo di gruppi di persone riuniti, in modo occasionale o permanente, a sostegno di una idea, di un progetto, sinonimo anche di setta, fazione tipo Guelfi e Ghibellini.

Partito: dicesi di organizzazione di cittadini associati che perseguono comuni finalità, perlopiù ispirandosi a una particolare ideologia.

Da tutte queste definizioni di “Partito”, condivisibili, conosciute o meno, da nulla si ricava quella che è una convinzione di recente formazione relativa alla democraticità dell’oggetto. Se cominciamo dall’inizio, il verbo “partire” nulla ha di democratico, se non che possiamo essere tutti indiziati a partire, sin alche per l’estrema destinazione. Il “Buon Partito” è concetto oramai desueto, destituito dalla maggiore uguaglianza economica tra uomo e donna, residualmente resistente in sacche di arretratezza, culturale ed economica, normalmente individuabili nelle zone al Sud (del Paese, Stato, Nazione, Continente). Il Mal Partito è viceversa assai presente e facilmente individuabile. Prolifera in assenza di lavoro ed in zone periferiche lontane da connessioni culturali e opportunità. Viene anche adeguatamente utilizzato come fertilizzante del Partito Armato. Il Partito Armato è un componente storicamente di difficile classificazione. Premesso che esso radica la propria esistenza nel sottobosco creato dal Mal Partito, non è mai agevole determinare la durata della partita che dovrebbe concludersi o con l’eliminazione del Partito Armato, da parte delle Forze dell’Ordine, o viceversa. Talvolta è andata così, tal altra viceversa ed altre ancora, nonostante i decenni trascorsi ed il trasmigrare delle armi da babbo a figlio e poi nipote, rimangono in essere.
Partito di Massa: ricordarsi di non iniziare mai dalla Toscana, desinenza Carrara, ne di fare riferimento alla struttura molecolare, particolarmente insistente, dei fondatori. Dottrina insegna che dovrebbe essere sufficiente raggiungere una adesione di volontari fondatori che raggiunga un 10% dei cittadini votanti.
Partito Unico: certamente il più facile da definire, anche se non sempre il più facile da gestire. C’è un unico Partito che si presenta alle elezioni. Quindi, probabilmente, vince. Ma essendo unico non significa che esso sia monolitico e che al suo interno non alberghino, legittimamente, varie tendenze, aspettative, idee ed ideologie, credi, leaders.
Partito preso. Qualcuno ha creduto che forse una specie di conquista. Significa, invece, l’essere biecamente obnubilati.
Testa a Partito: “ma quando metterai la testa a partito?” ha a che fare col “Buon Partito” di cui all’inizio. Una supplica dei genitori rivolta a inetti figli (maschi) affinché provvedessero ad affrancarsi, cioè a togliere il loro peso economico (ad anche fisico) dall’economia domestica.
Partito: raggruppamento di cittadini i quali vogliano riconoscersi, in libera associazione, in ideali da perseguire ed ai quali ispirarsi, ricondursi, farsi trainare, ecc, ecc.
Se lacrime pubbliche, a suggello di sconfitte comuni e con trascendenze personali, vi sono state e consegnate alle cronache è l’impotenza della capacità di un insieme, che tuttora a dispetto delle tendenti energie disgregative, si continua a chiamare “Partito” è alla luce dei fatti. La mancanza di non ogni, bensì, un ideale cui ispirarsi. Nel vortice confuso delle sigle di rappresentanza delle varie stagioni politiche, laddove nel gorgo creato dal ciclone giudiziario chiamato “Mani Pulite”, abbiamo visto rapidamente scomparire sigle storiche come DC, PCI, PSI, PLI, PSDI, PRI, MSI, sostituite da alberelli, arbusti, ulivi, bandiere & bandane, non abbiamo avuto la possibilità di assistere al ricrearsi di una comunanza di ideali, sostituita, purtroppo, da una comunanza di interessi, volgarmente chiamata consociativismo.
Avremmo dovuto avere dei profeti del terzo millennio, viceversa abbiamo avuto programmi televisivi decadenti e applicazioni per il cellulare, selfie e ma non salvi.
Gli isolati lampi di luce di pochi artisti non hanno avuto ragione delle tenebre che si sono vieppiù abbassate sulla Ragione sino allo smodato, pressante, comparire di tutte le nostre mostruosità quotidiane, delle quali ci riempiamo, riluttanti. Così di stragi, violenze, ammazzamenti, rapine, distruzioni e terremoti che ci invadono ogni giorno dai video.
Vorrei allora pensare che sarebbe bello credere. Di poter voler stare meglio, non solo singolarmente, ma come prospettiva collettiva futura. Che il mio proprio stare bene sia connesso e collegato con lo stare bene degli altri, non solo della mia famiglia e di chi mi è più intimo. Se la parola intimo ha ancora un significato, perché temo che venga retrocessa all’interno della memoria di un qualche applicazione del cellulare, il nostro braccialetto elettronico. Orson Wells avrà sbagliato il numero dell’anno ma ci ha pigliato. Con 1984 ma anche, e forse di più, con “la fattoria degli animali”. Vorrei pensare che chiunque sia a governarci abbia una visione prospettica e futura, positiva. Penso che siamo in troppi, ed anche questo è un problema, per poterci autogovernare ma questo non significa consegnare la nostra esistenza passivamente, anima e corpo, a qualcuno.
Credo che alla parola “Partito” dobbiamo per forza abbinare valori e significati nuovi, che non siano mera contrapposizione. “Non dobbiamo più permetterci di consegnare tal paese a tal partito” è una espressione del tutto priva di significato. Cosa farà Talpartito in quel Talpaese? Lo demolirà? Sterminerà e deporterà gli abitanti? Oppure lo governerà con delle modalità peculiarmente proprie ad un indirizzo culturale, che tra le altre cose, neppure si riscontra più? Perché non si realizza quella tensione ideale tra chi governa e quindi progetta la realizzazione dei propri obiettivi e chi è governato e quindi esprime le proprie aspettative? Il “Partito” non è una casa ma un luogo immateriale ove chi ancora crede alla forza delle idee ed ha ancora degli ideali di comunanza può confrontarsi e trovare conforto nella vicinanza ovvero rapportarsi con opinioni diverse ma, civilmente espresse, e tendenti al miglioramento della comunicatività e del rapporto sociale.
Abbiamo avuto nel passato Partiti che erano l’espressione del proprio Segretario: così la Democrazia Cristiana da Alcide De Gasperi prima e poi Fanfani, Andreotti, Moro il Partito Comunista di Palmiro Togliatti, e poi Longo, Berlinguer il Partito Socialista di Giacomo Matteotti, Nenni, Pertini, il Partito Social Democratico di Giuseppe Saragat, Longo, il Partito Repubblicano di Ugo La Malfa, Spadolini, il Movimento Sociale di Giorgio Almirante, Fini. Abbiamo avuto movimenti rappresentati dal proprio fondatore Giannini per l’Uomo Qualunque, Bossi per la Lega, Berlusconi con Forza Italia, Grillo con i 5 Stelle. In ognuno di questi convegni si sono dibattute anime diverse ma, ragionevolmente, e nell’interesse comune, era la sintesi delle varie posizioni quella che competeva al segretario, non il far prevalere la propria ragione su quella di altri. La scissione del 1921 nel PSI fu un avvenimento epocale, tanto era considerato importante il senso di adesione ad una appartenenza politica, sentimento che oggi possiamo riscontrare, haimè che caduta di valori, solamente nella fede calcistica.

E’ ora di rialzare la testa e pensare di nuovo al mondo che vorremmo lasciare in eredità ai nostri figli.
Cussignà, Avost dal 2017